sabato 21 marzo 2009

Noi, il PD


Intervento del segretario Franceschini all'assemblea nazionale dei circoli del PD

È bello vedere tutti voi e devo dirlo a chi ha raccontato il pd sui giornali”. E' la prima frase del discorso di Dario Franceschini all’assemblea dei circoli del PD. Migliaia di segretari di circolo con i quali ribadire che “ Siamo un partito vero, un partito di popolo, che ha una gran voglia di cambiare tutto. Abbiamo un compito straordinario: disputare un partito dentro una crisi enorme, inaspettata, all’inizio di un secolo nuovo, mentre cambiano i punti di riferimento. Aiutare gli italiani in difficoltà anche stando all’opposizione. La sfida di un partito riformista è unire protesta e proposta. Un partito che denuncia con onestà la durezza della crisi, e delle sue straordinarie occasioni”. È l’occasione per ricordare i dati dei disoccupati forniti dall’ISTAT, che sono di prima che esplodesse la crisi: 14 milioni di famiglie con meno di 1300 euro al mese, 10% senza spese mediche, 16% senza vestiti. Numeri prima della crisi di settembre, quanto sono peggiorati. Da qui l’affondo a Tremonti: “A che serve rivendicare di esser ei primi a prevederlo se poi non si agisce? Perché se sono stati così bravi poi hanno fatto tutto a rovescio buttando 5 miliardi tra Alitalia e ICI? Perché hanno detassato gli straordinari, tassato le banche e poi le hanno aiutate? Perche non iniziare dai redditi bassi? Perché nascondere la crisi, negarne l’esistenza e parlar d’altro? C’è il tentativo di nascondere tutto parlando di giustizia, intercettazioni, del caso Englaro? Sono armi di distrazione di massa, ma la gente non ci casca”.

Emergenze e tempi lunghi. “Abbiamo il dovere di dire cosa fare abbinando misure d’emergenza e strutturali. Nella pianura padana quando c’è la piena si fanno le catene umane con i sacchi di sabbia sugli argini e così salvano la città. Dopo la piena ragionano sugli interventi permanenti. Questo serve. C’è chi ha perso il lavoro da anni e ha più di cinquanta anni, i precari senza ammortizzatori. Anche tra le imprese ci sono deboli e forti: eliminiamo la burocrazia. Facciamo ripartire l’edilizia: hanno detto di si e poi con un emendamento hanno stravolto la nostra mozione, ma incalzeremo perché non si possono prendere in giro i comuni. Ci sono 14 miliardi di euro possono essere pagati dai comuni, vincolati dal patto di stabilità a non spenderli!! Vorrei avere una webcam nei vertici di governo per sapere cosa si dicono…".

No a questo piano casa, si a un grande piano per l’affitto. Il segretario del PD boccia il piano casa: devastazione del territorio. E riferendosi alle ultime novità si indigna: “Vogliono far costruire anche nei centri storici col silenzio assenso delle sovrintendenze!!! Probabilmente lo vogliono mettere dopo un’ora senza risposte! Abbiamo letto che basta un autocertificazione per costruire un condominio!! Il decreto legge senza le regioni è inaccettabile, va contro la Costituzione, non lo accetteremo mai.Si può fare un premio del 20% ma non così. L’economia ambientale può essere investendo su ricerca e sviluppo quel che è stato l’informatica negli anni 80.
Si parla di casa ma pensiamo a chi è in affitto: dovremo lanciare un grande piano per l’affitto partendo dalla costruzione di case popolari, un meccanismo per le detrazioni, un aliquota di solo il 20% per i proprietari che affittano. Abbiamo centinaia di migliaia di case sfitte e studenti, anziani, famiglie che non sanno dove dormire.

Opposizione non antiberlusconismo.“Questo è fare opposizione. Non antiberlusconismo, non parlare della persona, ma incalzare, sfidare sui contenuti, alzare la voce perché il governo è completamente inadeguato ad affrontare la crisi e il premier offende la costituzione, vive il Parlamento come un ingombro, nemmeno il ruolo di garanzia del Capo dello stato non gli va bene. Proprio perché i riformisti hanno la forza di dire di si alzano la voce quando vedono la superficiale mediocrità di chi è chiamato a un ruolo di Stato e insultano gli italiani: impiegati fannulloni e studenti guerriglieri. Lì c’è un problema di rapporti con il mondo”.

Alleanze ed europee. “Non è oggi il momento di scegliere; non discutiamo di alleanze per il 2012. Ma delle cose le dobbiamo dire. Negli enti locali le alleanze si stanno costruendo sulla base di condivisione di programmi e candidati. Grande libertà agli enti locali. Per le prossime politiche io provo un brivido di fastidio quando sento leggere. Ritorneremo all’Unione; no non torneremo a 15 alleati rissosi che sfilano contro sé stessi e non l’avversario, voglio ringraziare con voi Veltroni perché ci ha portato fuori da quella situazione, ha dichiarato chiusa quella parte di storia. Certo sappiamo che difficilmente da soli vinceremo, certo costruiremo alleanze: con poche forze e chiare. Abbiamo un compito doppio rispetto agli altri partiti che perdono le elezioni dentro sistemi consolidati. Sono percorsi che richiedono anni, non mesi. Il parlamento europeo è il luogo dove si decide il nostro futuro, non un luogo per pensionati di lusso. E le nostre liste saranno fatte solo da persone che si candidano ad andare a lavorare a Bruxelles non per raccogliere preferenze sulla base di una truffa. Berlusconi ha già annunciato di essere capolista ovunque e di candidare i ministri omettendo di dire che per legge dovranno dimettersi tutti. È per questo che proporrò di candidare solo persone autorevoli e competenti che resteranno a lavorare in Europa, solo persone che non hanno mandati locali o regionali da completare.
Molti amici mi hanno detto: riflettici resta capolista in tutte le circoscrizioni.
Voglio dirlo direttamente a Berlusconi: il primo atto di serietà di un uomo politico è non imbrogliare gli elettori, non chiedere preferenze per un luogo dove non si metterà mai piede.

Riconquistare i democratici delusi. “È nata una speranza comune. Dobbiamo anche costruire il partito che non è ancora costruito, lo stiamo costruendo. Fa bene riflettere ma smettiamola di parlare dei nostri limiti e abbiate l’orgoglio di quello che è stato fatto in pochi mesi. Diamanti parla di esuli in patria: questi sentimenti si provano verso una cosa alla quale si stente di appartenere, non a una cosa lontana. È lì che dobbiamo lavorare. Servono circoli aperti nel territorio. Dobbiamo essere mobilitati, aperti. L’assegno di disoccupazione non basta passi in tv, dal giorno dopo i circoli si aprano, distribuiscono i volantini, fermino la gente, vadano davanti alle fabbriche. Questo è il valore della militanza, con strumenti antichi e solidi. Così si chiude il dibattito su partito liquido e solido: raccogliamo il voto di opinione, parliamo all’opinione pubblica e ai media ma teniamo porte e finestre spalancate con i circoli. Facendo del rigore e della pulizia i criteri di scelta dei dirigenti ben oltre le responsabilità penali. Controllate, denunciate, alzate la voce".

No alle correnti. “Non temiamo i dibattiti interni ma sui contenuti, non per avere fonti di divisione sui giornali. Avremo aree culturali di riferimento, non distorsioni di correnti individuali, dividetevi, aggregatevi ma non fatelo in base ai cognomi dei leader nazionali, neanche sul mio!fatelo sulla base delle idee in campo per il futuro. Ci siamo lasciati alle spalle i litigi, siamo democratici italiani, amate il vostro partito tornate a casa orgogliosi: il PD l’abbiamo costruito noi e lo difenderemo dagli attacchi, dalla rassegnazione e dalla delusione, i mali più difficili da curare”.

Abbiamo un compito incredibile: costruire un partito nuovo in un tempo nuovo.“Quando tutto è immobile la rotta è quella dei binari di un treno, ora siamo in mare aperto: tutto è più difficile ma più affascinante. La globalizzazione ci ha portato lì e le singole nazioni sono inadeguate, per questo sui nostri manifesti elettorali ci sarà scritto: noi siamo europei. E l’opinione pubblica è più avanti: i giovani faticano a capire se parliamo di proprietà nazionale delle imprese e o della difesa. I giovani sono già europei, vanno in Europa per l’Erasmus, parlano inglese, usano la rete per costruire un percorso comune e s coprendosi una volta in piazza un unico popolo. È l’Europa dei voli low cost e non c’è differenza ad andare a Milano, Barcellona, Berlino. Sono i governi impauriti che non hanno coraggio: i popoli sono davanti ai loro governi.
Globalizzazione e crisi hanno cambiato tutto: divide chi pensa che la globalizzazione debba essere trainata dai mercati che avrebbero portato benessere e democrazia. Dall’altra parte ci siamo noi che pensiamo che servano gli anticorpi di politica, diritto globale, valori. Manteniamo nelle mani della politica la lotta alle diseguaglianze: dentro i paesi e tra i paesi. Guardiamo avanti per fare la grande politica. Risposte per l’oggi indicando il futuro nel quale vogliamo portare il nostro paese.
Non limitiamoci a correggere un modello, dobbiamo avere la forza di cambiare le gerarchie. La vittoria di Obama non è legata solo alla sua figura. Ha vinto non proponendo correzioni a Bush ma proponendo valori completamente diversi.
Non possiamo mettere gli uni contro gli altri, il nord contro il sud. Mettiamo a disposizione il nostro talento per la comunità in cui viviamo, i forti in aiuto dei deboli. Dalla crisi possono uscire un’Italia divisa o un’Italia migliore e lavoreremo per questo. Anche quando tutto sembra buio, paura, rassegnazione serve la capacità di guardare il futuro e c’è un modo per farlo: non si vede ben col cuore perché l’essenziale è invisibile agli occhi.

venerdì 20 marzo 2009

(clicca sull'immagine per ingrandire)

domenica 15 marzo 2009

"Presidente questa è un'emergenza"

E’ partita oggi la campagna dei Giovani democratici per inviare al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, una cartolina-appello per l’accorpamento della data del referendum con quella delle elezioni europee e amministrative. Il segretario del Partito Democratico, Dario Franceschini, oggi ha simbolicamente imbucato la prima delle migliaia di cartoline che saranno spedite dai Giovani democratici di tutta Italia a Palazzo Chigi.
E davanti all'ufficio postale ha replicato al Cavaliere, che intervenendo telefonicamente al convegno di Reteitalia, diceva: "Siamo al 43% dei consensi e puntiamo ad arrivare al 51%". Il segretario democratico a chi gli chiedeva un commento ha risposto: "Non so perchè sia così umile, io ho un sondaggio qua in tasca secondo il quale il suo partito è già al 51% e alle Europee può arrivare al 92%".

Bando aglis cherzi l'obiettivo della campagna è far fare marcia indietro al governo ed evitare lo spreco di oltre 460 milioni di euro (circa mille miliardi delle vecchie lire) ultilizzando fli stessi soldi per la nostra sicurezza.

Ecco il testo della cartolina che si può trovare anche nella sezione "Materiali di comunicazione" del sito internet del Pd:

Caro Presidente Berlusconi, ho letto che il tuo governo, nel mese di giugno, mi farà votare in due giorni diversi per le elezioni e per il referendum e che questo comporterà un costo in più di oltre 460 milioni di euro! Perché buttare questi soldi dello Stato e dei cittadini? Il Partito Democratico propone di utilizzarli per potenziare con uomini e mezzi le Forze dell’Ordine, acquistare il carburante alle volanti, riparare quelle ferme perché rotte e pagare gli straordinari al personale.
Io sono d’accordo e ti chiedo: aiuta gli italiani davvero, unifica la data del voto.

L'inziativa, partita da una proposta dei Giovani Democratici mira ad accorpare i prossimi impegni elettorali, in questo periodo di crisi. Il prossimo giugno milioni di italiani saranno chiamati a scegliere i propri rappresentanti in Europa e nelle amministrazioni locali. Pochi giorni dopo si dovranno recare di nuovo alle urne per il voto referendario. La domanda che da tempo si pone il PD è perché non fare in modo che esista un unico turno, un election day, che permetta di portare ai seggi una volta sola e che, soprattutto, faccia risparmiare oltre 460 milioni di inutili spese elettorali. Una proposta di buon senso, una risposta che è vicina alle persone in grande difficoltà con l’estenuante crisi economica.

In effetti non pare che esistano valide motivazioni razionali per opporsi a questa richiesta se non quelle degli interessi di pochi, e di una persona in particolare, il cui obiettivo rimane quello di svilire l’importanza dell’istituto referendario e ricompattare una maggioranza sfilacciata. Detto in altri termini, a Berlusconi interessa solo evitare che il referendum ottenga il quorum necessario e poco importa se per ottenere il risultato vengano bruciati 460 milioni di euro in pochi giorni.


"Il governo non vuole l'election-day, l'accorpamento delle elezioni europee ed amministrative in un unico giorno, per impedire che il referendum raggiunga il quorum”. Lo ha dichiarato il segretario del Pd, Dario Franceschini, durante il suo intervento all'assemblea costituente dei Giovani Democratici.

"L'election-day permetterebbe di risparmiare 460-500 milioni. Sono soldi che vengono buttati dalla finestra, sono buttati in faccia alle persone che non ce la fanno, mentre potrebbero essere utilizzati per potenziare con uomini e mezzi le forze dell'ordine. Buttano via soldi veri- ha continuato Franceschini - per impedire che al referendum venga raggiunto il quorum".

"Berlusconi, continua Franceschini nel suo intervento davanti alla platea dei Giovani Democratici, "è l'unico primo ministro che si preoccupa di nascondere o di minimizzare la crisi. Tutti i capi di governo presentano la crisi con durezza, mostrando la realtà, indicando i rischi che corriamo e le possibili soluzioni. Berlusconi è l'unico presidente del consiglio che si preoccupa di nascondere la crisi o di negarla e che dice 'spendete' alla persone che non arrivano a fine mese. Qualsiasi persona di buon senso non può che dare ragione alla presidente di Confindustria". Il riferimento è all'appello lanciato da Emma Marcegaglia sulla necessità di affrontare la crisi economica con «soldi veri». Durante il suo intervento all'assemblea nazionale dei Giovani Democratici Franceschini è tornato sulle critiche al piano-casa: "È una norma demagogica fatta unicamente per raccogliere qualche voto. Per questo non la possiamo accettare, «dobbiamo difendere il nostro territorio, le nostre coste i nostri centri storici. Anche se alla maggioranza piace l'idea di devastare il territorio con una norma demagogica".

venerdì 13 marzo 2009

Evasione, il governo non lotta


L’Italia, “un paese con 100-120 miliardi di evasione fiscale,in cui recuperando il 10% si finanzierebbero molte delle cose che stiamo dicendo ”. Con queste le parole Dario Franceschini si presenta alla platea di imprenditori, presenti al Forum di Confcommercio. “Gli evasori non sono tutti uguali. Si tratta sempre di un comportamento sbagliato, ma c'e' chi evade per comprarsi la villa e chi per mandare a scuola i propri figli". Un intervento inconsueto, quanto apprezzato come sottolineato dal lo scrosciante applauso partito dalle prime file e diffusosi fino alle ultime. "Tocca al governo - ha spiegato il segretario - capire da dove cominciare la sua battaglia all'evasione”.


Inevitabile il ritorno sulla proposta di assegno ai disoccupati, bocciata ieri dalla camera e duramente avversata dal governo. Franceschini incalza Berlusconi e co. sul fattore tempo, ribadendo che non si può aspettare che intervengano misure strutturali e dire a chi sta per essere travolto dalla crisi “nel frattempo cavatevela da soli. Non è una risposta o è una risposta disonesta. Sappiamo benissimo che esistono misure strutturali per affrontare la crisi e misure di emergenza alcune delle nostre proposte come l'assegno di disoccupazione non sono chiaramente strutturali''. Con una battuta sarcastica commenta invece l’etichetta di “elemosina”, affibbiata alla tassa “una tantum” proposta dal PD: “ "Mi hanno detto che è elemosina l'altro ieri Ferrero, ieri Berlusconi. O Berlusconi è passato a sinistra o Ferrero è passato a destra. Ad ogni modo c'è qualcosa che non funziona se parlano tutti e due di elemosina”.

“Non condivido questa assurdita' delle prefetture che devono controllare il credito". Il leader del Pd, boccia senza appello la presenza dei prefetti negli osservatori sul credito. "Chi vive nella realta' sa che non siamo in Francia - ha aggiunto – le prefetture non hanno le competenze". E anche il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, a poche ore dal suo ultimo exploit contro Bankitalia ( ha minacciato di affidare la vigilanza alla Bce) viene richiamato all’ordine: “Voglio dire una cosa chiara al ministro Tremonti: litighiamo tra maggioranza e opposizione ma lasciamo fuori Bankitalia, non tocchiamo la libertà e l'autonomia di Bankitalia”.

Il segretario continua ad opporsi fermamente alle posizioni prese dal governo ed all’insistente convinzione che le decisioni cardine si possano prendere senza tener conto dell’opposizione e delle forze sociali. La collaborazione, ne è convinto il leader PD, è l’unica strada affinché “tutti facciano la propria parte”. “Fatico a capire – attacca il leader PD - un ministro dell'Economia che dice di essere stato il primo a capire che la crisi sarebbe stata così dirompente e un governo che, quando se ne vedevano i primi effetti, ha preso provvedimenti come quello dello sgravio fiscale per i redditi elevati o l'operazione Alitalia, che costano complessivamente 5 miliardi di euro, che si sarebbero potuti spendere per le prime misure anti-crisi''.

Ultima nota dolente è Alitalia. Il leader PD racconta la sua personale “odissea” fra voli in ritardo e aeroporti mal funzionanti. "Il mio viaggio da Roma a qua – spiega - e' stata una metafora delle cose che vanno sistemate nella nuova Alitalia. Avevo un biglietto di Air One e sono andato a un check in Alitalia e mi hanno detto di no, che devo andare a un check in di Air One. Pensavo fossero informati e sono andato a un check in Air One. Poi ci hanno messo sul pullman con venti minuti di ritardo e ci hanno portato ad un aereo Alitalia. Ci hanno tenuto sul pullman altri cinque-dieci minuti e poi ci hanno portato davanti ad un altro aereo Alitalia. A quel punto siamo saliti sull'aereo ma i bagagli erano sull'altro aereo, quello precedente".

giovedì 12 marzo 2009

Assegno di disoccupazione, bocciata la proposta del Pd


È stata bocciata la mozione del Pd per l'istituzione dell'assegno mensile per chi perde il posto di lavoro. Sia la Camera che il Senato hanno respinto, infatti, la proposta avanzata dal leader Dario Franceschini per aiutare chi diventa disoccupato e si ritrova a 'reddito zerò. In aula a Montecitorio, il governo ha espresso parere contrario con Maurizio Sacconi, ministro del Welfare, che ha spiegato che i sussidi di disoccupazione «sarebbero certamente positivi in una economia dinamica» ma che «in una fase di questo tipo diventano oggettivamente, al di là delle intenzioni di chi li propone, un incentivo al licenziamento, al rattrappimento strutturale».

Ma il leader del Pd, Franceschini, in aula alla Camera ha spiegato così la ratio della mozione: «Noi siamo consapevoli che le cose che abbiamo proposto, come l'assegno per i disoccupati, non sono risposte strutturali alla crisi. Ma sappiamo che in un momento difficile chi guida il paese deve sì pensare ad interventi trutturali, ma anche immaginare come affrontare nel frattempo l'emergenza per aiutare chi sta peggio». E ha difeso questa proposta, come quella dell'una tantum sui redditi da 120mila euro, spiegando che non si tratta di demagogia e invitando il governo «a rispondere nel merito: dite sì o no. Le coperture ci sono».

E poi ha lanciato l'affondo: «C'è una differenza di fondo tra noi e voi al di là delle singole scelte: noi pensiamo che nella crisi debbano scattare meccanismi di solidarietà nelle comunità. Voi pensate che nella crisi sia inevitabile che qualcuno soccomba e qualcuno si salvi. Noi sappiamo che il paese si salva tutto assieme o non si salva nessuno».

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, ha subito replicato: «Rischio di cementificazione, disegno di riprogettazione, deriva inimmaginabile: parole grosse che fanno capire a tutti quanta paura abbia il povero Franceschini di perdere le prossime elezioni».

12 marzo 2009

lunedì 9 marzo 2009

Un anno senza licenziamenti

Il Governo deve approvare subito una moratoria dei 100.000 licenziamenti di lavoratori precari nella pubblica amministrazione.

Continua la battaglia contro il precariato del segretario del PD, Dario Franceschini, che dopo l’assegno per i lavoratori precari licenziati privi di cassa integrazione, lancia la nuova proposta: “Proponiamo al governo una moratoria di un anno, quindi per la durata della crisi, bloccando i provvedimenti che porteranno, se non corretti, al licenziamento di 60 mila lavoratori del pubblico impiego e circa 40 mila della scuola. Creando disagio agli utenti, alle famiglie per il taglio di servizi, per la chiusura delle classi e la chiusura delle scuole nei piccoli paesi”.
Già, perchè con questo governo ci si deve abituare ai paradossi: “Mentre lo Stato con una mano cerca di occuparsi di chi ha perso o perderà il lavoro, con l'altra mano licenzia i propri dipendenti. Questo non ha senso”.

L’operazione verità. I democratici devono impegnarsi in “un'operazione verità contro l'operazione immagine del governo per nascondere la crisi - ha aggiunto Franceschini accusando il governo di voler “impedire che la percezione individuale della crisi diventi percezione collettiva. Per Silvio Berlusconi l'importante è negare, eppure "non c'è paese al mondo in cui il capo del governo nasconde la crisi”.
E durante l’assemblea dell’Associazione A sinistra il segretario ripercorre le oepraizoni immagini, una al giorno, dell’esecutivo.
I soldati per le strade…qualcuno li ha visti? I miliardi per eliminare l'Ici o l'operazione tutta mediatica di Alitalia, di cui oggi si vede il tragico fallimento.

300.000 italiani licenziati senza protezione, ma dicono non all’assegno! Eppur el’opposizione del PD ha fatto continue propose, idee come l'assegno di disoccupazione, “ma appena faccio una proposta dicono che è demagogia, non dicono si o no nel merito – ha spiegato Franceschini - lo sa Berlusconi che nel 2008 sono stati 300.000 gli italiani che hanno perso il lavoro e non hanno una protezione? Lo sa, ha insistito, che tutti i paesi europei hanno una forma di sostegno all'occupazione?”.

Anche per questo non è il momento dell'astensionismo. Per Franceschini serve “recuperare lo spirito delle primarie, quando 3 milioni e mezzo di persone andarono a votare, mentre gli iscritti a Ds e Margherita erano un milione”. E la battaglia, ha chiarito, non si esaurirà con le elezioni europee e amministrative: “Ora quello che il Pd deve affrontare è un lavoro doppio: costruire un partito e fare opposizione. Non basta più dire chi è Berlusconi, lo sanno anche quelli che lo hanno votato, bisogna fare proteste e proposte, dobbiamo mettere in campo delle idee buone”.

Ma. L

mercoledì 4 marzo 2009

«Sì all'assegno di disoccupazione, ma non basta»


Da quanto tempo si parla di precariato? Da tanto, troppo tempo. All'inizio era il mondo della scuola ad avere quasi il monopolio di questa parola legata ad una condizione di lavoro sottile come una lama e in equilibrio come un acrobata. Poi arrivarono i politici e la teorizzazione della flessibilità. E la parola precariato è diventata condizione generale, sofferenza sociale. Ora nelle imprese, alla guida di un autobus, a progettare satelliti o a scrivere articoli ci sono i precari. Il sindacato ne conta sei milioni in Italia.

“Ma vogliamo che ora si smetta di parlare di precariato”, sbotta Salvo Barrano, archeologo e “falsa partita iva” presente al Forum de l'Unità con altri 9 lavoratori (diciamo così) flessibili e al responsabile del Nidil Cgil (anche lui ex precario).
“Vogliamo che si smetta di parlare di precariato – ripete Salvo – perché questo non fa altro che ghettizzarci, ci fa sentire come una anomalia di cui, di volta in volta, si occupa la politica (quando si avvicinano le elezioni) o il sindacato, ma in sostanza serve a tenerci buoni, a tenerci da parte. Parliamo di diritti, di garanzie. Parliamo del fatto che io sono un 'buon azionista' dell'Inps perché ogni mese verso il 25% di quello che guadagno. E lo stesso fa mia moglie, ogni mese. Ma quando è nato il nostro bambino io non ho avuto diritto al congedo di paternità. E così mia moglie è uscita dal mondo del lavoro e io non posso stare a casa per permetterle di rientrare nel giro”.

“Parliamo delle nostre vite, quasi congelate negli affetti, nelle speranze, nelle responsabilità, in attesa di una stabilità lavorativa”, dicono Benedetta Cocchini e Silvia Zino, rispettivamente editor e grafica, lavoratrici precarie e fondatrici del gruppo “Best Before” e della rivista on line “Co.Co.Protesta” (www.rerepre.org).

”O dei tanti che ricorrono agli psicofarmaci o chi può allo psicanalista, se non si lasciano sprofondare in altre dipendenze, come l'alcol o le droghe”, racconta Federico Rizzo ex lavoratore precario di Call Center che ha deciso di realizzare un film (“Fuga dal Call Center” in uscita nelle sale cinematografiche nei prossimi mesi) basato sulla sua esperienza e su centinaia di interviste realizzate in tutta Italia nel 2008.

E così le esperienze i racconti di vita si accavallano, raccontano di continui sradicamenti da una città all'altra, di contratti interrotti dando comunicazione al dipendente la mattina stessa, di colloqui in grandi aziende dalle durate parametrate all'età del pretendente al posto: ”Hai più di quarant'anni? Per te solo tre minuti del nostro tempo”.

“Di uno stato surreale nel quale si sprofonda piano piano – spiega Giampiero Modena Lavoratore precario in un Call Center e dirigente Nidil Cgil Roma – per cui non potendoti comprare né una casa, né un auto, vivi per i piccoli oggetti inutili, compri una fontanina zen solo perché costa 18 euro e te la puoi permettere. Ci si avvicina alla follia”.

“Follia? Già, io follia per follia ho deciso che non potevo continuare a vivere in sospeso, magari fino alla pensione, e ho deciso di non rinunciare a niente. Mi sono sposato, ho comprato una casa (solo grazie all'aiuto dei miei genitori) e ho fatto un figlio. Già una vera follia”, dice Salvo.

Ma quali sono le proposte per uscire da questa situazione, per restituire diritti e speranze ai precari? Qualche giorno fa il Pd ha proposto l'assegnazione di un assegno mensile di disoccupazione per tutti i lavoratori che perdono il posto di lavoro. Proposta che piace ai partecipanti al nostro forum, ma che non è sufficiente.

“Io tecnicamente non perdo il lavoro – dice Andrea Brutti, lavoratore precario “a partita iva” e consulente ambientale – e quindi non potrei rientrare nelle misure proposte dal segretario Pd Franceschini. Si deve accompagnare quella misura con delle soglie minime di salario per chi ha forme contrattuali diverse e per chi svolge comunque lavori qualificati o di responsabilità. E una base che non può essere inferiore ai mille euro”.

“Va bene la proposta del Pd – dice Rossella Perna, lavoratrice precaria Snai e autrice della tesi universitaria “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro…precario” dedicata anche alla rubrica de l'Unità di Bruno Ugolini “Atipiciachi” – ma proviamo anche a spostare l'onere del lavoro anche sulle imprese. Io proporrei di vietare il licenziamento o il non rinnovo di contratto finché l'azienda non trova un altro contratto con il lavoratore”.

“C'è una sola proposta che mi sento di fare – dice Carmelo Introcaso, ingegnere aerospaziale e precario per le società Ortec e Alenia – ed è maturata dopo le mie esperienze in Francia: chi fa un lavoro precario deve essere pagato con cifre più alte. Cifre che devono compensare, ovviamente in parte, la saltuarietà del lavoro”.

“Io sono abbastanza sfiduciata – confessa Roberta Alani, lavoratrice precaria pubblica e Co.co.co. all'Ispra (Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale) – di sicuro, se mai avrò un figlio, gli dirò di non studiare oltre le scuole dell'obbligo. Sono anni persi, nessuno ti riconosce più il tuo livello di istruzione. Io, laureata e con un master, guadagno poche centinaia di euro”.

A raccogliere proposte e lamentele rimane Roberto D'Andrea, Segretario Nidil Cgil: “Io dico no all'idea del Pd dell'assegno di mille euro. Così c'è il rischio che le crisi vengano pagate sempre e solo con tutele pubbliche, mentre quando ci sono ricavi o benefici tutto resti nelle mani dei privati. Inoltre, se si stabilisce che un lavoratore 'costa' mille euro, tutto il mercato si adeguerà al ribasso. L'unica strada per risalire la china è, al contrario, far 'costare' i lavoratori flessibili sempre di più”.


di Cesare Buquicchio

04 marzo 2009

domenica 1 marzo 2009

Disoccupazione, no di Berlusconi all'assegno

Dei disoccupati il governo non si occupa, né si preoccupa. Anzi, da Bruxelles - nonostante la pressante richiesta del segretario Pd, Franceschini - arriva il secco no di Berlusconi. Un assegno di disoccupazione in questo momento in Italia per fronteggiare la crisi «non è sostenibile». «Sono d'accordo che quando maggioranza e governo presentano una decisione in Parlamento sono aperte al voto di tutti come sempre - ha affermato nella conferenza stampa finale del vertice Ue - peccato che abbiamo anche degli impegni europei e che c'è l'impegno di Maastricht che ha un costo». Una spesa quindi di circa l'1,5% del Pil «credo non sia sostenibile».

Franceschini ha spiegato in dettaglio anche a "Che tempo che fa" la proposta dell'assegno. "I fondi - ha detto - vanno reperiti con tagli agli sprechi della spesa pubblica ma soprattutto con il recupero dell'evasione fiscale". «In mano ai nostri avversari - ha aggiunto - sembra che diamo soldi a tutti, tipo Antonio La Trippa». Il segretario del Pd ha spiegato che ora gli ammortizzatori sociali sono garantiti solo ad alcuni lavoratori mentre precari, dipendenti delle piccole e medie imprese e chi ha contratti di collaborazione «quando smettono di lavorare vanno a zero lire». I fondi per garantire questo «accompagnamento ai lavoratori in uscita», secondo Franceschini, potranno venire da più voci come ad esempio il taglio della spesa pubblica contro gli sprechi, ma soprattutto dalla lotta «all'evasione fiscale che in Italia si stima sia intorno ai 110 miliardi. Da quando hanno iniziato a governare loro, gli studi dicono che è aumentata di 7-8 miliardi». Basterebbe recuperare il 10% dell'evasione - ha aggiunto - per finanziare queste cose«. In ogni caso, secondo il segretario del Pd, l'evasione è »contro la legge e da condannare "ma in questo momento di crisi è un delitto che va combattuto con forza".

Ma Berlusconi non ci sente, preferisce parlare del Milan. E dice no. La crisi però è durissima, investe l'intero Paese tanto che un appello per i lavoratori della Fiat di Pomigliano d'Arco arriva addirittura da piazza San Pietro e dal Papa. Benedetto XVI ha salutato unaa delegazione di operai dopo l'Angelus. "Sono qui - ha detto il Pontefice - a manifestare la loro preoccupazione per il futuro di quella fabbrica e delle migliaia di persone che, direttamente o indirettamente, dipendono da essa per il loro lavoro. Penso - ha aggiunto -anche ad altre situazioni ugualmente difficili, come quelle che stanno affliggendo i territori del Sulcis-Iglesiente, in Sardegna, di Prato in Toscana e di altri centri in Italia e altrove".

«Desidero esprimere - ha detto il Pontefice - il mio incoraggiamento alle autorità sia politiche che civili, come anche agli imprenditori, affinchè con il concorso di tutti si possa far fronte a questo delicato momento». Per il Papa, «c'è bisogno di comune e forte impegno, ricordando che la priorità va data ai lavoratori e alle loro famiglie».

«Speriamo che le parole del Pontefice aprano la mente al consiglio d'amministrazione della Fiat»: lo ha detto Gerardo Giannone, del Cantiere comunista alla Fiat di Pomigliano. «Siamo molto contenti - ha aggiunto Gianone - ma dopo le parole del Papa, e l'interesse mostrato dal presidente della Repubblica, adesso resta il nodo centrale di una missione produttiva per il nostro stabilimento, che può dare calma e tranquillità alla classe operaia. Un movimento, quello dei lavoratori di Pomigliano, che ha dimostrato, in queste settimane, di poter fare sentire la propria voce ovunque».

«Siamo commossi dal fatto che anche Benedetto XVI ci abbia espresso solidarietà. Ma ora attendiamo che a fare la propria parte sia la Fiat, il cui silenzio ci spaventa moltissimo»: è quanto sostenuto da Sebastiano D'Onofrio, Rsu Fiom della Fiat auto di Pomigliano, il quale ha auspicato che «l'azienda ascolti almeno le parole del Pontefice». «Finora sembra abbiano fatto orecchie da mercante - ha aggiunto - e non hanno ascoltato nessuno. Speriamo che la massima autorità ecclesiastica apra uno spiraglio. Avevamo chiesto la sua solidarietà, ed è arrivata puntuale, grazie anche all'intervento del vescovo di Nola». Venerdì scorso, a scendere in piazza con i lavoratori dello stabilimento, infatti, c'era anche monsignor Beniamino Depalma, che aveva invocato Dio affinchè «illumini le menti», a tutela dei posti di lavoro degli oltre 5mila operai della fabbrica.

E intanto la situazione di disperazione che si vive a Pomigliano D'Arco, dove 5500 operai sono dallo scorso anno in cassa integrazione a 750 euro al mese, senza contare altre 9000 famiglie dell'indotto, è descritta in un'intervista alla Radio Vaticana dal parroco locale, don Peppino Gambardella, presente oggi in piazza San Pietro insieme ad una delegazione di operai della Fiat.
«La nostra Caritas si sta affollando di nuovi poveri: chi chiede di pagare le bollette che non può pagare, chi chiede viveri che non ha, chi chiede lavoro...sono situazioni di disperazione!», spiega. «Noi - aggiunge - abbiamo paura che questo fenomeno faccia crescere l'usura, i furti, la delinquenza: la camorra approfitta anche di questi momenti per assoldare nuovi adepti. Si parla già dell'arrivo di estorsori che vengono a chiedere il pizzo qui, in città». Per questo anche il parroco rivolge «un invito alla Fiat a
trattare e a mettere al primo posto la dignità delle persone e non il capitale». Quanto al ruolo della Chiesa, egli osserva che essa «sta diventando sempre di più il punto di riferimento». «La società - conclude - non si fida più della politica».

Torino in marcia con la Cgil per difendere il lavoro


Settantamila. Sono i lavoratori, i pensionati, gli studenti che a Torino hanno sfilato con la Cgil nella marcia per il lavoro e la difesa del contratto. Una «manifestazione imponente» la chiama la Cgil che ha chiamato a raccolta i lavoratori senza l'appoggio di Cisl e Uil, secondo le quali Epifani ha voluto organizzare «una iniziativa a forte connotazione politica».

Un'iniziativa ribadita politicamente dal segretario del Pd Franceschini che ha chiesto di nuovo al governo di stanziare un assegno per i disoccupati. Una materia che secondo Franceschini avrebbe tutte le caratteristiche di “necessità e urgenza”. Insomma, il governo che di decreti legge ha fatto largo uso, sarebbe bene che ne facesse uno anche per affrontare l'emergenza disoccupazione. La proposta è: «Dare un assegno mensile di disoccupazione per tutti quelli che perdono il posto di lavoro. Berlusconi – invita il segretario Pd – porti il provvedimento in aula, se vuole presenti pure un decreto legge, visto che ne ha già fatti tanti, e noi lo sosterremo».

Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani esprime «apprezzamento» per le proposte avanzate oggi dal leader del Pd Dario Franceschini. «Le proposte affrontano correttamente temi che riguardano le condizioni più drammatiche delle persone in questa fase della crisi - dice Epifani - Il governo dia ora risposte immediate, senza perdere ulteriore tempo e cambi le priorità dei propri interventi. Pomigliano d'Arco ieri, Prato e Torino oggi - conclude il segretario della Cgil - indicano che il Paese chiede urgentemente una svolta nella politica economica e sociale».

E proprio a Torino ad aprire il corteo, uno striscione: «Contro la crisi – si legge – una soluzione c'è: lavoro e contratto». Il Piemonte è una delle regioni dove la crisi colpirà più dura: la Indesit, la Olimpias (Benetton), la Zegna Baruffa, la De Agostini tutte aziende dove i posti dei lavori sono seriamente a rischio. Duecentomila con il lavoro in bilico: 125 mila interinali, 50mila cassintegrati, 28mila in mobilità . Un quinto di tutta la crisi italiana si abbatte quassù.

«Sono oltre 200.000 - ha ricordato il segretario generale della Cgil Piemonte, Vincenzo Scudiere - i lavoratori piemontesi coinvolti dalla crisi in pochi mesi, lo stesso numero di posti di lavoro che si sono persi in dieci anni tra il 1980 e il 1990». «Avremmo voluto che Cisl e Uil fossero qui con noi - ha sottolineato Agostino Megale della segreteria confederale Cgil - mentre in questa crisi governo e Confindustria hanno scelto la divisione sindacale. Noi non avremmo mai fatto un accordo senza Cisl e Uil, un accordo sbagliato che fa perdere potere d'acquisto ai lavoratori e riduce salario». «Oggi a Torino hanno sfilato i lavoratori che sentono la crisi - ha aggiunto il segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo - È un problema per Cisl e Uil che non sono qua e che dovrebbero ascoltare di più i lavoratori. Da parte della Cgil è stata una prova di forza non indifferente».

E anche a Prato si è manifestato contro la crisi e a difesa del comparto tessile, con uno striscione record lungo un chilometro. In testa i gonfaloni dei Comuni del distretto, insieme con quelli di Biella, Carpi e Pistoia. A seguire lo striscione di mille metri portato da 2.000 persone, con scritto "Prato non deve chiudere" In piazza insieme, per la prima volta, imprenditori e operai, studenti, rappresentanti delle istituzioni, dei sindacati e delle associazioni di categoria.
28 febbraio 2009