lunedì 11 maggio 2009

"Li avete mandati al massacro



Immigrati a Lampedusa
LAMPEDUSA - "Li hanno mandati al massacro. Li uccideranno, uccideranno anche i loro bambini. Gli italiani non devono permettere tutto questo. In Libia ci hanno torturate, picchiate, stuprate, trattate come schiave per mesi. Meglio finire in fondo al mare. Morire nel deserto. Ma in Libia no". Hanno le lacrime agli occhi le donne nigeriane, etiopi, somale, le "fortunate" che sono arrivate a Lampedusa nelle settimane scorse e quelle reduci dal mercantile turco Pinar. Hanno saputo che oltre 200 disgraziati come loro sono stati raccolti in mare dalle motovedette italiane e rispediti "nell'inferno libico", dove sono sbarcati ieri mattina. Tra di loro anche 41 donne. Alcuni hanno gravi ustioni, altri sintomi di disidratazione. Ma la malattia più grave, è quella di essere stati riportati in Libia. Da dove "erano fuggite dopo essere state violentati e torturati. Non solo le donne, ma anche gli uomini".

I visi di chi invece si è salvato, ed è a Lampedusa raccontano una tragedia universale. La raccontano le ferite che hanno sul corpo, le tracce sigarette spente sulle braccia o sulla faccia dai trafficanti di essere umani. Storie terribili che non dimenticheranno mai. Come quella che racconta Florence, nigeriana, arrivata a Lampedusa qualche mese fa con una bambina di pochissimi giorni. L'ha battezzata nella chiesa di Lampedusa e l'ha chiamata "Sharon", ma quel giorno i suoi occhi, nerissimi, e splendenti come due cocci di ossidiana, erano tristi. Quella bambina non aveva un padre e non l'avrà mai.

"Mi hanno violentata ripetutamente in tre o quattro, anche se ero sfinita e gridavo pietà loro continuavano e sono rimasta incinta. Non so chi sia il padre di Sharon, voglio soltanto dimenticare e chiedo a Dio di farla vivere in pace". Accanto a Florence, c'è una ragazza somala. Anche lei ha subito le pene dell'inferno. "Quando ho lasciato il mio villaggio ho impiegato quattro mesi per arrivare al confine libico, e lì ci hanno vendute ai trafficanti e ai poliziotti libici. Ci hanno messo dentro dei container, la sera venivano a prenderci, una ad una e ci violentavano. Non potevamo fare nulla, soltanto pregare perché quell'incubo finisse". Raccontano il loro peregrinare nel deserto in balia di poliziotti e trafficanti. "Ci chiedevano sempre denaro, ma non avevamo più nulla. Ma loro continuavano, ci tenevano legate per giorni e giorni, sperando di ottenere altro denaro".

Il racconto s'interrompe spesso, le donne piangono ricordando quei giorni, quei mesi, dentro i capannoni nel deserto. Vicino alle spiagge nella speranza che un giorno o l'altro potessero partire. E ricordano un loro cugino, un ragazzo di 17 anni, che è diventato matto per le sevizie che ha subito e per i colpi di bastone che i poliziotti libici gli avevano sferrato sulla testa. "È ancora lì, in Libia, è diventato pazzo. Lo trattano come uno schiavo, gli fanno fare i lavori più umilianti. Gira per le strade come un fantasma. La sua colpa era quella di essere nero, di chiamarsi Abramo e di essere "israelita". Lo hanno picchiato a sangue sulla testa, lo hanno anche stuprato. Quel ragazzo non ha più vita, gli hanno tolto anche l'anima. Preghiamo per lui. Non perché viva, ma perché muoia presto, perché, finalmente, possa trovare la pace".

Le settimane, i mesi, trascorsi nelle "prigioni" libiche allestite vicino alla costa di Zuwara, non le dimenticheranno mai. "Molte di noi rimanevano incinte, ma anche in quelle condizioni ci violentavamo, non ci davano pace. Molti hanno tentato di suicidarsi, aspettavano la notte per non farsi vedere, poi prendevano una corda, un lenzuolo, qualunque cosa per potersi impiccare. Non so se era meglio essere vivi o morti. Adesso che siamo in Italia siamo più tranquille, ma non posso non stare male pensando che molte altre donne e uomini nelle nostre stesse condizioni siano state salvate in mare e poi rispedite in quell'inferno, non è giusto, non è umano, non si può dormire pensando ad una cosa del genere. Perché lo avete fatto?".

"Noi eravamo sole, ma c'erano anche coppie. Spesso gli uomini morivano per le sevizie e le torture che subivano. Le loro mogli imploravano di essere uccise con loro. La rabbia, il dolore, l'impotenza, cambiavano i loro volti, i loro occhi, diventavano esseri senza anima e senza corpo. Aiutateci, aiutateli. Voi italiani non siete cattivi. Non possiamo rischiare di morire nel deserto, in mare, per poi essere rispediti come carne da macello a subire quello che cerchiamo inutilmente di dimenticare". Hope, 22 anni, nigeriana è una delle sopravvissute ad una terribile traversata. Con lei in barca c'era anche un'amica con il compagno. Viaggiavano insieme ai loro due figlioletti. Morirono per gli stenti delle fame e della sete, i corpi buttati in mare. "Come possiamo dimenticare queste cose?". Anche loro erano in Libia, anche loro avevano subito torture e sevizie, non ci davano acqua, non ci davano da mangiare, ci trattavano come animali. Ci avevano rubati tutti i soldi. Per mesi e mesi ci hanno fatto lavorare nelle loro case, nelle loro aziende, come schiavi, per dieci, venti dollari al mese. Ma non dovevamo camminare per strada perché ci trattavano come degli appestati. Schiavi, prigionieri in quei terribili capannoni dove finiranno quelli che l'Italia ha rispedito indietro. Nessuno saprà mai che fine faranno, se riusciranno a sopravvivere oppure no e quelli che sopravviveranno saranno rispediti indietro, in Somalia, in Nigeria, in Sudan, in Etiopia. Se dovesse accadere questo prego Dio che li faccia morire subito".

domenica 3 maggio 2009

SEMPRE CON IL SINDACO VOGLIAMO PARLARE

Caro Sindaco,
anche se dimostra sempre poco interesse verso la parte politica che ha idee diverse dalle Sue, in quanto considera sempre delle offese personali anche dei semplici richiami all’attenzione verso la cittadina che Lei amministra, sentiamo il dovere come, Partito Democratico, di sottolineare il perchè sia sbagliata la Sua visione della politica per il cittadino in quanto ostinandosi a fossilizzarsi su vecchie questioni e a giocare con la dignità delle persone, aggira e non risolve i veri problemi.
Un plauso va alla sua giunta che si è dimostrata capace di aprire i cantieri per i progetti già pronti e approvati (fatto sventolato in ormai tutti i consigli comunali dal Suo Vicesindaco) ma ciò ha fatto si che, il vostro comportamento, possa essere paragonato a quello dei bambini quando non ricevono un regalo adeguato alle loro capacità.
Vorremmo che Lei concentrasse la sua attenzione e impegni la sua sensibilità verso i lavori di recupero e la riqualificazione del centro storico locale impegnandosi a pensare anche alle persone diversamente abili tenendo occupato l’ufficio tecnico comunale a progettare l’abbattimento delle barriere architettoniche visto che di scalinate ne sono state fatte tante ma, qualche rampa c’era ed è stata eliminata( vedi quella di accesso a via fornelli).
Bassissima è stata l’accortezza per l’individuazione dell’abbattimento delle barriere architettoniche di ogni genere e sorta dimostrando che usate la parola “TURISMO” solo per vostra soddisfazione personale, non comprendendo che se il turismo non è corredato con l’accessibilità, non viene promossa una cultura diversa che sia basata sulla cortesia e sulla accoglienza.
Le barriere architettoniche sono rappresentate da tutto ciò che nell’architettura può causare impedimento, infortuni e che ostacoli lo svolgimento normale di qualsiasi attività per i diversamente abili tanto da ridurne la qualità della vita agli stessi facendoli sentire sempre più emarginati.
Se il problema viene preso in considerazione in fase di progettazione o di realizzazione i costi sono pari a zero,un eventuale intervento successivo (vedi scalinata via fornelli e scalinata che da l’accesso al lungo gravina) l’eliminazione delle barriere comporta costi aggiuntivi enormi.
La vostra scarsa attenzione verso il saper accogliere va a cozzare con il progetto “Hospitis” o Comunità Ospitale, progetto ambizioso che coinvolgerà tutta la nostra comunità, questo spinge il Partito Democratico a porre attenzione verso le persone portatori di handicap, donne incinta e anziani.
A dire il vero, anche per progetto pilota “Hospitis” sarebbe opportuno essere chiari, non crediamo basti una assemblea con poca gente e due misere pagine sul sito internet a giustificare la gioia per un risultato acquisito che al momento porterà vantaggi economici solo nelle casse della società Sinergheia srl che è l’incaricata per

la stesura del progetto e sarebbe opportuno sapere se ci sono i soldi per la realizzazione dello stesso.
Perché si rientri nel circuito ,è necessario che il comune di Palagianello dia disponibilità di immobili nel centro storico dove la società interessata deve capire che tipo di interventi fare affinchè si possano creare residenze e servizi per i turisti.
I cittadini interessati al progetto devono compilare un modulo e consegnarlo al protocollo del comune entro il 09 Maggio 2009 .
Successivamente la società Sinergheia srl esaminerà gli immobili e se l’esito sarà positivo si darà inizio ad un negoziato per l’acquisto dell’immobile o per l’acquisizione del diritto di superficie.
Nell’invito dei nostri amministratori viene specificato che il negoziato si terrà con un “soggetto indicato”.
Alla luce di questo ci sembra doveroso porre alla Sua persona alcune domande a cui ci aspettiamo che lei faccia seguire delle risposte :
• Questo Soggetto,ha un nome un volto o una ragione sociale ?
• È di Palagianello o dobbiamo vedere trasmigare i nostri beni verso imprenditori del nord?
• Se i cittadini fanno venir meno l’interesse verso il progetto, il comune di Palagianello potrebbe partecipare con i locali e le case grotte del demanio?
• Rischiamo che dopo tanto agonia per il castello lo perdiamo per 30’anni?
• La corsa all’acquisto delle case grotte e delle abitazioni sul lungo gravina è pilotata da qualcuno?
• Tutti i cittadini che ad oggi hanno mantenuto in modo decoroso le case grotte a loro spese si vedranno riconoscere un indennizzo?

Come al solito la chiarezza è la dote che meno si evidenzia dal vostro modo di governare e quindi come Partito Democratico crediamo che non servono i “proclami al nulla” per veder crescere Palagianello,basta prendere di petto il problema del PUG, risolverlo in modo decoroso cercando che produca solo benessere per tutti e non per pochi; una volta recuperato il PUG si può pensare al progetto del GAL “Luoghi del mito” che è stato già approvato e di cui fa parte Palagianello, a meno che ci si è dimenticati di fare la domanda che scadeva il 14 Agosto del 2008 e così oltre ai soldi della scuola avremmo perso l’occasione di vedere crescere la nostra zona rurale insieme alla giusta riqualificazione del nostro centro storico.
Quel progetto darebbe veramente lustro alla nostra comunità in quanto parteciperebbero ristoratori ed imprenditori locali che conosciamo e che hanno un volto.

Palagianello 04 Maggio 2009